Ci saranno dei cambi nel modo di vivere nell’Europa attuale? È una domanda che, da quando sono arrivato, mi faccio spesso. Al solito gli italiani vedono la Spagna come un paese in crescita, con tantissime possibilità di lavoro, dove la vita è migliore. Addirittura accade con ognuno dei paesi europei che, storicamente, ci sono considerati come le potenze del vecchio continente.
Inoltre quando si comincia a conoscere un po’ più risulta inevitabile accorgersi sulla situazione reale di ogni paese. Cioè si parla bene quando si fa dei paesi storici oppure con più successo fino a quando si comincia a parlare dei nuovi paesi o quelli che non sono potenze. In questo momento cresce la empatia per il proprio paese. Comunque, come vogliamo avere un paese risponsabile che faccia il suo lavore di prottezione del popolo se non riusciamo ad essere critici, a pensare in un modo obietivo che permetta agire in difesa dei diritti umani? L’Europa si basa su questa premessa, la unificazione dei paesi europei per la prottezione e crescita della qualità de vita dei suoi cittadini.
Ma come si riesce ad avvicinare l’Europa quando esistono dei stereotipi negativi dal primo momento sul proprio paese e poi sugli altri paesi quando si parla di loro? A volte si mettono in moto le scuse sulla difficoltà di imparare un’altra lingua, sopratutto quando sei un adolescente o un studiante che non ha ancora provato a uscire delle confine territoriali. Qui si trova un problema sul pensiero dell’unità dell’Europa, nel senso su cui si vuole avvicinarsi agli altri paesi però non si vuole che gli altri si avvicinino tanto. Non si vuole avere un tedesco “nazista”, uno spagnolo “pigro”, un ucraino “pro-russo”, un turco “islamista”… no si vuole quella contaminazione stereotipata perché significa un peggioramento del mio paese. Di solito la risposta viene basata sulla sconoscenza e mancanza dei dati che possano sopportare tale pensieri. E su cosa si basando queste idee? Mi fa stupire che siano basate su quello che hanno detto nei telegiornali o giornali, insomma nei mezzi di comunicazione.
Siccome abbia detto tantissimi esempi che sembrano disconnessi trovo ancora un filo di connessione tra di loro. Non si può avvicinare l’Europa e diventare una grande nazione solidaria quando in ogni paese i governi provano a controllare i mezzi di comunicazione confrontando le situazioni di difficoltà oppure quale paese si trova peggiore. L’avvicinamento si ottiene attraverso l’empatia, e questa si riuscirà solo quando smettiamo di guardare il nostro ombelico.
Dopo aver realizzato il seminario del SVE (Servizio Volontario Europeo) a Rimini sono riuscito a capire cosa significa la cittadinanza Europea, quello che al solito si sente parlare ma non tutti hanno una conoscenza o idea chiara su cosa tratta.
Si può descrivere come la connessione tra tutti i paese che formano parte dell’ Unione Europea, oppure come la libera circolazione dei cittadini europei fuori delle confine del proprio paese, oppure come un rapporto a livello politico. Anzi ci sono tanti significati che chissà nessuno è sbagliato.
Secondo me questo elenco, ancora più grande, è solo una parte del significato che merita. L’importanza del significato della cittadinanza europea si tradurre come la situazione di lottare per il benessere di qualsiasi paese, regione, città si tratte senza avere una connessione diretta con lui. Se non fosse per questa ragione non sarebbe possibile spiegare che i volontari internazionali si vadano via del proprio paese per offrire il loro aiuto agli altri che hanno gli stessi problemi. Lottare senza avere un passato col paese, con la regione, con la città, senza parlare bene la lingua, senza conoscere lo stile di vita, senza avere più vantaggi. Alla fine, significa lottare per offrire un aiuto, un tempo non perso dimenticando la vecchia idea delle confine e l’esterno.
A Firenze questa situazione viene percepita in un modo parecchio diversa, giacché è una città con un numero di turisti e stranieri grande, dove non c’è posto in cui non sia una persona di nazionalità non italiana. Questa abitudine ha facilitato l’inserimento dell’idea di cittadinanza europea, di come la gente che viene di un’altro paese, sopratutto vicino, sono più meno come quelli che ci sono in Italia.
Il mio rapporto con Firenze mi ha permesso di scoprire e imparare nuove conoscenze sulle relazioni interculturali. Ho visto come ci sono cose che si assomigliano al mio paese e la mia città, anche situazioni nelle cui mai fosse pensato che si potrebbero capitare. Non pensavo che una persona venuta dal est dell’Europa (come continente) avesse la stessa forma da pensare, gli stessi gusti o stili di vita lontani da quelli stereotipi che segnano a ogni nazionalità, oppure che a un tedesco le piacesse dello stesso modo l’abitudine di uscire per fare qualsiasi cosa che non abbia il significato “essere dentro di casa”, o come un francese può anche essere molto diverso tra un italiano e un spagnolo.
Tutto cioché ho espressato sta facilitando e permitendomi imparare a migliorare la mia capacità nel rapporto con gli altri. Insomma, influenzerà alla mia capacità di rapporto come professionista dopo questa esperienza.
Sarebbe un’ottima idea realizzare più incontri tra tutti, favorendo l’acquisto di competenze, aprendo gli occhi alle vere situazioni. Forse potrebbero essere organizzati tra i gruppi di persone che lavorano nello stesso ambito (minorenni, anziani, persone con handicap, sviluppo comunitario, ecologismo, ecc.), rafforzando questo acquisto di competenze che diventeranno strategie, abilità e strumenti a usare nel nostro aiuto presente e futuro.
David Martín. Firenze (Italia)